GROSSETO – Il Consiglio provinciale ha approvato all’unanimità il Piano faunistico venatorio. Un Piano innovativo rispetto agli strumenti di pianificazione del passato, dal punto di vista del rapporto con gli istituti pubblici e privati, e in particolare, del ruolo delle aziende faunistico venatorie.
Per quanto riguarda il cinghiale sono due i punti sostanziali previsti dal Piano faunistico venatorio 2012 per migliorare la gestione: la revisione delle aree vocate con l’abolizione delle aree di influenza e la definizione di linee di gestione diverse per le aree vocate e non vocate: nelle prime sarà consentita una densità compatibile con le varie tipologie ambientali, mentre nelle seconde si dovrà tendere all’eradicazione del cinghiale con tutti i metodi a disposizione.
Sulle aziende faunistico venatorie viene stabilito un limite massimo di superficie aziendale di aree boscate e un limite massimo di superficie per ogni Afv (1000 ettari, raddoppiabili se si partecipa a progetti di pubblica utilità). Si individuano come possibili specie di selvaggina in indirizzo (specie di cui l’afv deve garantire un certo livello di riproduzione), la lepre, il fagiano, la pernice rossa, la starna, la lepre italica e il capriolo italico. Per queste ultime due specie autoctone la Provincia porta avanti da anni specifici progetti di studio e salvaguardia.
Il Piano detta poi le linee di gestione per lo sviluppo delle Zone di Ripopolamento e Cattura e delle Zone di Rispetto Venatorio, istituti pubblici gestiti dalla Provincia insieme agli Atc, che nel corso degli ultimi anni hanno registrato un importante incremento delle popolazioni di lepri e fagiani. E prevede, inoltre, modifiche ai perimetri degli istituti a tutela della fauna come le Oasi e le Zone di Protezione della Migratoria.