di Barbara Farnetani
MADONNINO – L’olio made in Tuscany piace agli Usa, e in particolar modo quello dell’Olma di Braccagni, il cui presidente, Massimo Neri (nella foto a destra), è partito la scorsa settimana proprio per gli Stati Uniti, che, ormai da anni, sono uno dei mercati di riferimento dell’olio maremmano.
All’inizio di ogni stagione olearia l’Olma va a consolidare i rapporti commerciali già in essere e ad aprirne di nuovi. «Una situazione stabile dal punto di vista dei consumatori che – afferma Neri – sono molto attenti. La bottiglia toscana offre la percezione della tradizione, di qualità e di un certo modo di vivere. I nostri produttori, quando raccolgono l’olio, sanno che il loro prodotto è già richiesto. E questo, nonostante le riduzioni dei consumi nell’agroalimentare, e una generale minore attenzione alla qualità per tutti quei prodotti a cui non si può rinunciare, causata da una razionalizzazione della spesa.»
Secondo Neri la grande distribuzione è corresponsabile di un abbassamento della qualità «quando vedo l’olio a due euro, conoscendo i costi, significa che la materia prima è gratis, e allora qualche dubbio mi viene». La Toscana però ha una strada a sé: i nostri produttori percepiscono tre volte tanto rispetto a quelli pugliesi, e il 50% in più dell’olio prodotto a Canino, che si trova a 70km da Grosseto, 7 euro contro 3,5. «Il territorio di provenienza è fondamentale – prosegue Neri – bisogna essere uniti perché non venga svilito» anche perché mai come in questo caso l’unione fa la forza. L’olivicoltore da noi produce un massimo di 50-60 quintali, troppo pochi per affrontare il mercato estero, ma anche quello italiano, un inconveniente che la cooperativa riesce a superare. La produzione olivicola è diversa dal vino, dove c’è un forte individualismo. Tutti assieme si può garantire un prodotto più “standardizzato” e costante, anche da un punto di vista della quantità e questo ha consentito, negli anni, di creare anche all’estero una cultura dell’olio. «Arrivano e-mail dagli Usa che chiedono quando arriva il nuovo raccolto. Siamo riusciti a far capire quando si raccoglie e ormai sanno che prima di Natale arriva l’olio nuovo. Ci siamo dotati dei servizi che richiede la grande distribuzione, con la tracciabilità e una qualità superiore rispetto alla grande azienda.»
La tracciabilità è on line, di ogni bottiglia si può conoscere il percorso sin dalla raccolta. Non ci sono olive che non siano state molite dai soci dell’Olma. E questo nonostante la produzione in questi ultimi anni stia soffrendo non poco il cambiamento del clima, con estati estremamente siccitose. «Quest’anno la pioggia è arrivata proprio al 90° minuto – afferma Neri – questo ha significato un ritardo nella maturazione, così, chi ha colto a calendario, si è ritrovato un olio con un retrogusto amaro, un gusto che comunque perderà entro gennaio. Già chi ha raccolto più tardi ha un olio con un gusto armonico e di grande qualità» il lato positivo è che il clima estremamente caldo ha impedito l’attacco della mosca.
La quantità non è tantissima, già lo scorso anno c’era stata una riduzione del 40%, quest’anno si è recuperato un 20%, ma la produzione resta inadeguata rispetto alle richieste commerciali. L’80% del fatturato viene dal mercato estero, persino il Giappone, che non ha una storia gastronomica legata a questo prodotto sta iniziando ad interessarsi all’olio Toscano. «Il nostro è un prodotto che non si può delocalizzare, siamo ben radicati, e difendiamo il reddito di chi lavora in questo settore.» per quanto riguarda la commercializzazione sul territorio «il rapporto con il consumatore è diretto, grazie al punto vendita in azienda che è aperto anche il sabato, ma l’olio dell’Olma si può trovare anche al Cristo, alle cantine del Morellino e nella bottega di Campagna Amica in via Dominicana a Grosseto.»
Manca ancora un feeling con la ristorazione locale anche se Mssimo Neri auspica un incontro al riguardo, anche nell’intento comune di una valorizzazione del territorio: l’agroalimentare è la ricchezza della nostra terra. Nell’ultimo semestrale della Camera di commercio l’unico settore che ha fatto registrare un +10% sull’esportazione è stato quello olivicolo.
«La cooperativa e i soci hanno avuto questa lungimiranza su un prodotto che era considerato un po’ la cenerentola. Abbiamo fatto un percorso più lento rispetto al vino a siamo arrivati alla vetta della montagna. Questo – ha concluso Massimo Neri – è sicuramente un modello di cultura che può dare speranza ai giovani e in cui c’è futuro»