di Barbara Farnetani
GROSSETO – Erano le 7.45 del 4 novembre 1966, il giorno delle forze armate, quando l’Ombrone, a causa delle forti piogge dei giorni precedenti, ruppe l’argine destro in tre differenti punti. L’acqua allagò la piana maremmana sino a giungere in città, dal Berrettino si diresse verso il centro cittadino, inondando, attraverso Porta Vecchia, le vie principali, il cuore stesso del capoluogo grossetano. Un boato sordo, così lo ricorda chi lo ha sentito, chi ad un tratto si è trovato alle spalle un muro d’acqua e si è dovuto mettere in salvo alla bene e meglio, magari salendo con la propria auto sulle mura, proprio lì dove ora è l’Eden, bloccata con un mare d’acqua sotto, come bloccate nelle loro case restarono molte famiglie con i loro bambini «perché non ci annoiassimo – ricorda uno di loro – i nostri genitori ci dettero delle canne da pesca: stavamo in terrazza e “pescavamo” nell’acqua che circondava la nostra casa».
In alcune zone l’acqua aveva raggiunto i tre metri e mezzo, tanto che c’era chi era stato costretto a rifugiarsi sul tetto. Niente telefono ne’ luce elettrica, la città, rimasta isolata, si aiutò da sola, non ci furono gli angeli del fango come a Firenze, dove le bellezzre artistiche richiamarono braccia da tutto il mondo, la meglio gioventù riunita per salvare libri e opere d’arte. I Maremmani si rimboccarono le maniche e andarono in soccorso di chi era stato meno fortunato. Gente che aveva perso tutto, nelle campagne le case erano sommerse, degli alberi spuntavano solo le cime, gli allevatori poi avevano avuto danni ingentissimi perdendo mandrie e greggi. E proprio nell’atto eroico e disperato di salvare la mandria perse la vita Santi Quadalti, buttero alla fattoria Acquisti dei Guicciardini, a Braccagni, che in sella al suo cavallo si gettò nelle acque per salvare gli animali chiusi nel recinto. Non ci riuscì, fu travolto dalla corrente limacciosa e il suo corpo fu ritrovato dieci giorni dopo in un canale della fattoria. Ci fu anche chi cercò di approfittare della situazione, un camion carico delle carcasse di vacche morte annegate fu fermato dai carabinieri diretto verso il sud Italia, ma perlopiù la gente, senza averne nulla in cambio, decise di mettersi a disposizione della propria comunità tanto duramente provata.
L’opera di ricostruzione, guidata dal sindaco Renato Pollini, fu immane. Fu una specie di anno zero per la Maremma, ma, come ricordava lo stesso Pollini, la popolazione «non si pianse addosso ma seppe rimboccarsi le maniche per ricostruire la città».