GROSSETO – Anche la Commissione europea sarà investita del compito di discutere sul freacking in Maremma, ossia della tecnica di ricerca del gas metano nel sottosuolo. L’europarlamentare Sonia Alfano ha infatti presentato al riguardo una interrogazione. «Ormai se ne parla sempre più spesso – afferma il Movimento 5 stelle -: in Maremma è stata utilizzata, per la prima volta in Italia, la fratturazione idraulica (frac-job). Ci tocca questo triste primato, di cui avremmo fatto volentieri a meno! Del fracking in Maremma siamo stati i primi a parlare attraverso il sito www.maremmaefuturo.it.»
«La Maremma è un territorio riconosciuto come Distretto Rurale d’Europa per il suo mix di natura, cultura, archeologia e agricoltura di qualità. Proprio in questo splendido territorio – continuano i grillini -, a nord della città di Grosseto, il Ministero dello sviluppo economico ha concesso due autorizzazioni (Casoni e Fiume Bruna) per estrarre gas metano, nel caso specifico gas di scisto (shale gas). La società intestataria delle concessioni è la Independent Energy Solutions (capitale sociale 15.000€) di proprietà della britannica Independent Resources plc che a sua volta, tramite la Independent Gas Management, controlla l’85% della Erg Storage che doveva stoccare il gas metano a Rivara in Emilia.»
«Nel 2010 sono stati trivellati i primi due pozzi di ricerca – afferma il Movimento – e, nonostante la volontà da più parti di non ammettere che la tecnica di fracking sia stata utilizzata in Italia, dalla relazione della IES si legge chiaramente: “Un’operazione di frattura idraulica accoppiata con un proppant di ceramica, progettato per migliorare la produttività, è stata completata con successo e questo è stato seguito da una prova di produzione che ha avuto inizio il 17 aprile 2010.”»
«La fratturazione idraulica è una tecnica di estrazione del gas di scisto molto discussa in tutto il mondo – si legge nella nota -, perché ritenuta dannosa per l’ambiente e per la salute degli abitanti della zona. E’ stata vietata in Francia, in Bulgaria e nello stato del Vermont (Stati Uniti), mentre in Germania e in Gran Bretagna si discute per bandirla. Nei documenti ufficiali si parla di utilizzo di “tecniche innovative” (così viene chiamata la fratturazione idraulica per nascondere una verità scomoda) e siamo convinti che non tutti conoscono i rischi ad essa collegati. Questa tecnica prevede la perforazione di un pozzo verticale e poi orizzontale in cui pompare acqua, azoto liquido, microsfere di ceramica (proppant) e additivi ad elevata pressione per fratturare la roccia del sottosuolo.»
«Si utilizzano additivi chimici: quali sono? – si chiede il Movimento 5 stelle – In altre parti del mondo per le perforazioni sono stati utilizzati additivi altamente tossici. La composizione non viene fornita e nascosta sotto l’assurda motivazione che si tratta di “segreto industriale”. Dall’esperienza del Nord America su un totale di 260 sostanze almeno 58 presentano rischi per l’ambiente e la salute. Una delle sostanze è il cloruro di tetrametilammonio che è tossico e nocivo per l’acqua potabile anche in piccole dosi. Dai documenti ormai resi pubblici, ci risulta che l’estrazione prevede un pozzo ogni 40-60 ettari per estrarre 2,4 miliardi di metri cubi di gas nell’arco di vita del progetto Fiume Bruna.»
«I rischi legati a questa tecnica – continuano – sono ormai confermati da documenti ufficiali come, ad esempio la relazione presentata da una commissione di studio della Comunità Europea “Impatto dell’estrazione di gas e olio di scisto sull’ambiente e sulla salute umana” (2011):
● potenziale inquinamento delle acque con le sostanze chimiche provenienti dal processo di fratturazione; ● sostanze radioattive di origine naturale come uranio, torio e radio legati alla roccia vengono trasportati in superficie con i fluidi di riflusso; ● inquinamento atmosferico per l’evaporazione di sostanze dannose; ● enorme consumo di risorse naturali (acqua); ● emissione di composti aromatici come benzene e xilene che provegono prevalentemente dalla compressione e lavorazione del gas; ● sostanze radioattive iniettate come traccianti all’intero dei pozzi in fase di perforazione; ● terremoti indotti dal processo di fratturazione idraulica o dall’iniezione di acque reflue.»
Inoltre la relazione presentata dalla AEA Tech nel 2012, commissionata dalla DG Environment della Commissione Europea, ha confermato questi rischi collegati al fracking. Vorremmo ricordare a chi è chiamato a prendere decisioni su questo argomento che “il futuro della Maremma è il futuro dei nostri figli e non vogliamo costringerli a dover fuggire dalla terra dei loro padri”.»
Intanto, per domenica 7 ottobre il Movimento 5 stelle ha organizzato presso la sala della Fondazione ‘Il Sole’ sull’argomento un dibattito a cui parteciperà anche la ricercatrice della California State University di Los Angeles, Maria Rita D’Orsogna, esperta del settore.