GROSSETO – Continua il botta e risposta tra Associazioni ambientaliste e le istituzioni provinciali in merito alla caccia di selezione. L’ufficio comunicazione della provincia ha infatti risposto all’appello dei comitati:
Provincia -“Le norme che regolano la caccia di selezione in provincia di Grosseto sono dettate da precisi criteri scientifici – afferma la provincia – i piccoli di capriolo hanno fatto parte del piano di prelievo della caccia di selezione, dal primo di agosto di ogni anno. Da quest’anno, per tutelare il periodo degli accoppiamenti (15luglio-15agosto), si é deciso di posticipare al 15 agosto l’apertura della attività venatoria per i maschi, precedentemente fissata al primo di agosto. Inoltre, le femmine di capriolo non potranno essere cacciate dal primo di agosto (come avveniva negli anni precedenti), bensì dal primo gennaio, in quanto le cure parentali si estendono al periodo autunnale – inizio invernale. In base alle attuali normative – prosegue la provincia -, la caccia é consentita nel nostro paese e la caccia di selezione agli ungulati ne costituisce una specializzazione evoluta, che tiene conto sia degli aspetti numerici (densità delle popolazioni sul territorio), sia di quelli comportamentali, ovvero abbiano una percentuale relativa di individui di classi di età e sesso diverse non più in equilibrio, é necessario che il prelievo tenga conto, come avviene in natura, della grande percentuale di piccoli e della rispettiva elevata mortalità.”
“In Italia continua la provincia – sono presenti 593 specie tra Mammiferi (120) ed uccelli (473) tra esse solo 59 sono cacciabili pari al 10% del totale. Le specie che rientrano in questa categoria dovrebbero essere quelle che non presentano particolari problemi di conservazione. Il Capriolo, al contrario, è una specie che negli ultimi 20 anni ha molto aumentato le aree di presenza e le consistenze ed è una delle 59 specie cacciabili con la forma della caccia di selezione. Sono 16 anni che viene utilizzata questa forma di caccia in provincia di Grosseto – prosegue la risposta dell’ufficio – e qui, come in molte altre zone d’Italia i Caprioli sono aumentati. Inoltre sono sempre 16 anni che in Agosto vengono abbattuti i piccoli, non è certo questo il primo anno. In definitiva per rispondere alla nota inviata, fatte queste premesse possiamo affermare che il Capriolo non viene cacciato “….perché fa danni all’agricoltura…” ma perché è una delle 59 specie cacciabili in Italia. Tra esse ce ne sono molte che non fanno alcun danno all’agricoltura ma vengono regolarmente cacciate. I soldi investiti per la caccia rappresentano uno dei rari casi in cui una categoria da i soldi al pubblico per finanziarie attività di suo interesse. Infatti i soldi investiti in provincia di Grosseto per attività faunistico-venatorie hanno una sola provenienza le tasse specifiche che pagano i
cacciatori stessi. Anzi una parte di tale risorse viene investito per attività di conservazione della natura che nulla hanno che vedere con l’attività venatoria (es centro di recupero fauna selvatica di Semproniano)”
Associazioni ambientaliste – Non è d’accordo con questa nota della provincia il Coordinamento comitati, Wwf, Lac, Acu, Italia Nostra, che afferma come non si tenga conto dell’inquinamento da piombo e plastica delle cartucce. “Le popolazioni degli ungulati non si tutelano prendendo a fucilate gli animali e non credo che questi cacciatori dotati di apposito tesserino, sparino agli animali per motivi scientifici, ma, piuttosto, per puro divertimento. Il cacciatore non può effettuare alcuna selezione. Soltanto un predatore può mantenere in equilibrio una specie e non l’uomo che invece tende a cacciare gli esemplari più sani e forti – continuano i comitati -, quelli che un predatore non sceglierebbe mai.”
“Milioni di euro di denaro pubblico vengono spesi per pagare le multe della Comunità Europea per le anticipazioni del periodo di apertura della caccia – continuano le Associazioni ambientaliste – e affermare che si tratta di multe pagate con le tasse dei cacciatori è difficile da credere. La risposta della Provincia sull’alta mortalità dei cuccioli che mediamente arriva al 25% è una ulteriore ammissione di quanto questa caccia sia inutile. La femmina del capriolo e del daino partorisce in media uno o al massimo due cuccioli ed è difficile pensare a un soprannumero. Non credo che i cacciatori uccidano soltanto gli animali che gli vengono assegnati. Chi li controlla? Le vostre ammissioni ci lasciano perplessi. In 16 anni di caccia di selezione, i selecontrollori sono passati da poche centinaia ad alcune migliaia. A che titolo? La maggioranza dei cacciatori tende a prendere la qualifica di selecontrollore per motivi scientifici o per poter sparare anche quando la caccia è normalmente chiusa?”
“Nella Vostra risposta tendete a mettere in secondo piano l’aspetto etico che è alla base dell’evoluzione di un popolo e ci accusate di umanizzare gli animali. Rispettare gli animali non vuol dire umanizzarli. Noi siamo perfettamente consapevoli delle differenze che ci sono tra noi e “loro”. I politici, molto attenti ai consensi e al loro elettorato, devono fare maggiore attenzione alle nostre richieste. Non votano soltanto i cacciatori che costituiscono l’1% della popolazione, ma anche noi che siamo l’80% e – concludono i Comitati – ci ricorderemo delle vostre posizioni sulla caccia alle prossime elezioni.”