GROSSETO – In occasione dell’anniversario della morte di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, la Provincia ha organizzato un consiglio aperto al pubblico per proporre una riflessione condivisa contro la mafia. A portare la propria testimonianza lo scrittore e giornalista Antonio Nicaso, attivo fin dagli anni 90 nell’educazione alla legalità e alla lotta alla criminalità. “Queste occasioni non devono essere solo un momento per ricordare uomini straordinari e coraggiosi, servitori dello Stato che hanno sacrificato la vita per la ricerca della verità – spiega Sergio Martini, presidente del Consiglio Provinciale -, ma sono anche l’occasione per sostenere progetti di legalità, come quelli realizzati dallo scrittore Antonio Nicaso”.
Con il Consiglio aperto la Provincia di Grosseto vuole coinvolgere i cittadini in una riflessione più ampia sugli eventi drammatici che hanno sconvolto il Paese, per trasformare la memoria dei caduti in valori come il rispetto, l’impegno e il senso civico.
“ E’ necessario riflettere sul sacrificio di questi grandi uomini, perché non sia stato inutile e per dare un nuovo impulso alla questione morale della legalità, oggi ancora più urgente – commenta Leonardo Marras, Presidente della Provincia di Grosseto -. Dobbiamo essere tutti protagonisti nella lotta alla mafia, dalle istituzioni ai cittadini, per questo il primo passo è educare e sensibilizzare. Credo che raccogliere il testimone che uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ci hanno lasciato, voglia dire coltivare la loro memoria e ricordare chi ha perso la vita per affermare i valori democratici del nostro Paese, formando così una coscienza collettiva sulla legalità”.
Al consiglio hanno partecipato anche le autorità locali e gli studenti del Consiglio Comunale dei ragazzi di Manciano e proprio a loro si è rivolto lo scrittore Nicaso “i giovani sono l’unica ragione per cui valga la pena battersi – ha dichiarato -. Per combattere la mafia non può bastare la repressione, ma è fondamentale sensibilizzare e rafforzare il senso civico. I mafiosi hanno molta più paura delle scuole che delle manette”.