FOLLONICA – Si intitolerà “Cingnal Patchancka” il prossimo album dei “Matti delle Giuncaie”, il gruppo musicale nato nel 2007 tra Castiglione della Pescaia e Follonica e già autore di un altro disco, “Iappapà”, del 2010. Il nuovo album vedrà anche importanti collaborazioni, una tra tutte la presenza di Enrico “Erriquez” Greppi leader e voce della Bandabardò che ha molto apprezzato il progetto musicale della band maremmana (nella foto a fianco). Il disco, registrato da Fabrizio Federighi, produttore del primo album della Bandabardò, uscirà alla fine dell’estate. In attesa di quello che si preannuncia come un piccolo evento per fan e appassionati Il Giunco.net, vista anche la particolare affinità tra i nome del gruppo e quello della nostra testata, ha realizzato una intervista con la band maremmana per conoscere meglio storia e componenti di questo gruppo che ama le influenze musicali da tutto il mondo: dal folk al raggae, dalla rumba allo ska, dal valzer al flamenco, senza disdegnare il rock e persino l’heavy metal. E allora partiamo dagli esordi:
Come e quando nasce il gruppo?
«Il primo embrione del gruppo nasce nell’autunno 2007, allorché Lapo Marliani e Francesco Ceri si mettono a lavorare sui primi brani del repertorio, di li a poco si aggiungono il chitarrista Andrea Gozzi, il batterista Mirko Rosi e la cantante-attrice Candida Nieri, che in seguito abbandonerà il progetto. Il gruppo nasce per l’esigenza di riscoprire il piacere del divertirsi suonando, ecco perché la maggior parte dei brani è di carattere allegro e scanzonato. Il nome si ispira al titolo del famoso racconto di Renato Fucini “Il matto delle giuncaie”. Più in generale, si può dire che il personaggio del “matto” è per noi affascinante perché è un reietto, uno che vive ai margini della società, un po’ come è, soprattutto in questo paese, il musicista! Vale anche il contrario: mettersi a fare il musicista in un periodo di crisi generale come questo, è in effetti un po’ da matti! Nelle “giuncaie” invece ritroviamo la nostra terra, la Maremma, fatta un tempo di paludi e malaria, una terra ostile e dura da vivere, ma di una bellezza struggente. Inoltre queste piante onnipresenti ci ispirano poiché siamo convinti che le cose migliori siano quelle genuine che nascono in maniera spontanea, proprio come le giuncaie appunto!»
Perché la scelta di prediligere l’esecuzione strumentale?
«Il motivo principale è senza dubbio compositivo: semplicemente a Lapo e ad Andrea, che sono i principali autori del gruppo, vengono in mente più facilmente idee musicali e strumentali, che non composizioni nella classica “forma-Canzone”. Scrivere un testo è un’arte ben diversa che scrivere Musica. Pensiamo altresì che di parole se ne sprecano inutilmente già tante nella vita, e allora perché non lasciare scevra da questo almeno la Musica? Questo porta dei vantaggi: la forma, la struttura di ogni brano, non avendo un testo vero e proprio, è più libera ed imprevedibile, può in sostanza essere più “matto” a sua volta il brano stesso! Questo per noi, a livello compositivo, è molto stimolante e divertente. Mettere un testo a volte “ingabbia” la canzone stessa in schemi molto più rigidi ed ormai quasi standard. C’è anche da aggiungere il fatto che una bella melodia, benché questo vada contro il pensiero imperante del cosiddetto music business, in realtà parla da sola!Tuttavia non ci precludiamo niente, e non è detto che non scriveremo canzoni in futuro, anche qui siamo imprevedibili, d’altronde siamo matti».
A chi vi siete ispirati?
«Musicalmente sono tante le fonti di ispirazione da cui attingiamo. Senza dubbio una prima matrice è quella della musica folk, della musica popolare, intesa come unione di musica e danza, binomio imprescindibile in tante forme musicali nei secoli. Ecco perché abbiamo brani come la Danza Centrifuga o Il ballo della canapa o ancora La danza del Dottor Panza. Poi sicuramente ci sono i Manonegra, inventori del genere Patchanka, che è un po’ il nostro genere di riferimento ed anche il nostro modo di pensare la musica come un grande calderone in cui mettere indistintamente generi anche lontani tra loro. E’ per questo che passiamo dal reggae alla rumba, dal tango allo ska, dal valzer al flamenco! In sostanza siamo quattro maremmani che fanno un viaggio musicale a tutte corde attorno al mondo. E poi ci sono gli influssi musicali personali di ognuno di noi: dal modo a tratti heavy metal di suonare il mandolino da parte di Francesco, alla grinta assolutamente rock che si riscontra nella chitarra acustica di Andrea, molto vicina come piglio a quella del poliedrico Mirko alla batteria, fino alla chitarra classica di Lapo, più prettamente folk. Letterariamente invece, stiamo approfondendo adesso questa figura del Matto. Dunque dopo aver preso spunto ovviamente da Renato Fucini, stiamo leggendo anche Alda Merini, Dino Campana, ed in generale tutto ciò che riguarda una sana follia. Una frase significativa per noi in tal senso è quella del comico statunitense Leopold Fechtner:“A questo mondo devi essere matto, altrimenti impazzisci!”»
Quanto siete legati al territorio?
«Il nostro territorio è la Maremma e lo rivendichiamo a gran voce, senza essere tuttavia dei meri campanilisti, nell’accezione più negativa del termine. Un nostro amico americano ci dice spesso che la nostra zona è un po’ la California del centro Italia con le colline e il mare in una cornice unica. Musicalmente parlando, i Matti hanno velocemente costruito la propria identità grazie proprio ai concerti nella Val di Cecina (“a monte”) e quelli sul mare (“a valle”), soprattutto nel periodo estivo. Tuttavia il gruppo nasce in palude, a Castiglione della Pescaia, nel parco della Diaccia Botrona, nella Casa Rossa Ximenes, dove lavorava Lapo e dove ogni hanno si svolge a Luglio l’interessante rassegna musicale “La Maison Rouge” da lui curata. Follonica è invece la nostra base, l’influsso del mare sui nostri umori è molto forte dunque! I Matti in realtà amano molto anche scoprire nuovi luoghi, in Italia o all’estero, dove abbiamo suonato spesso, come ad esempio Parigi, Berlino e addirittura in Canada. Diciamo che possiamo considerarci dei “bischeri di padule” con il cuore in Maremma ma con una testa cosmopolita».
Come è andato il vostro disco precedente?
«Il nostro ultimo e primo disco è Iappappà! che è datato 2010. Quello che doveva essere all’inizio solo un piccolo demo ha acquisito, grazie alla volontà di tutti i membri del gruppo, la forma di un vero e proprio album con le nostre migliori canzoni, da Tomma a Rumba Cenerina, da Iappappà a Danza Centrifuga. Registrato tra Follonica e Parigi nel mio piccolo studio, con la preziosa collaborazione dell’amico sound engeneer Scott Antony Stammers, consta di tredici brani (più uno nascosto) che in seguito alle richieste dei nostri amici a fine concerto, doveva servire a dare una carta d’identità più o meno leggibile di quello che musicalmente proponevamo dal vivo. Infatti vi sono anche alcuni brani registrati nei nostri concerti dal nostro fonico Daniele Marconcini, per testimoniare tutta l’energia di un concerto Matto dal vivo. Il disco ha venduto 1000 copie solo nei primi sei mesi di concerti e altrettante sono seguite subito dopo, quasi un record per quello che doveva essere un demo! Tuttavia un po’ di tempo è passato e presto uscirà il nostro nuovo disco, registrato nell’inverno 2011, che vedrà importanti collaborazioni e che si intitolerà Cingnal Patchancka».
Quali programmi avete e cosa state facendo in questo momento?
«L’aspetto più importante della nostra musica è sicuramente quello dei concerti dal vivo, che spesso durano due ore o anche tre, non ci risparmiamo mai! I Matti nascono per la voglia di divertirsi suonando e, avendo osservato che questo nostro divertirsi fa anche divertire, ci piace da Matti – appunto – accendere la miccia ogni volta assieme al nostro pubblico per far deflagrare l’atmosfera di festa e allegria che sono proprie di ogni nostro spettacolo. Si prospetta un bel periodo – estate primavera – pieno di concerti, che potete trovare sul nostro sito www.imattidellegiuncaie.it. Alla fine dell’estate uscirà il nostro secondo disco, registrato da Fabrizio Federighi, produttore del primo disco della Bandabardò “Il circo mangione” e ti tante altre belle realtà musicali degli ultimi anni, da Luca Madonia a Freak Antoni, e del passato, dai Denovo ai Neon. In realtà siamo un po’ impazienti perché è venuto davvero bene e sarà una bella sorpresa per tutti. In realtà lo slittamento della data di uscita è dovuto al fatto che Enrico “Erriquez” Greppi della Bandabardò si sia interessato al progetto e che voglia scrivere qualche brano con noi. Abbiamo deciso quindi di fermare i motori per impreziosire ulteriormente l’album sotto la guida di uno degli autori folk che più amiamo. Quello che caratterizza i Matti sono infatti anche le collaborazioni. Siamo reduci da una serie di dieci concerti in dieci giorni assieme al cantautore canadese Marco Calliari e alla trombettista Isabelle Verville, con cui abbiamo suonato brani scritti da lui assieme ai nostri per delle nottate fantastiche. Alla base di tutto ci piace sempre ricordare, come in questo caso, che il nostro motto è che “la musica sia condivisione, non competizione”. Ci vediamo al prossimo concerto, iappappà!»