di Barbara Farnetani
MASSA MARITTIMA – Il risorgimento in Maremma, il ritorno a Massa Marittima del primo tricolore dell’Italia unita, l’allestimento nel palazzo dell’Abbondanza di una mostra celebrativa del 150° dell’Unità d’Italia. Sono queste le premesse per la presentazione del libro “La cambiale dei Mille” del giornalista Massimo Novelli.
La pubblicazione nasce dall’amore dello scrittore per il Risorgimento, ma anche da quello per la terra di Maremma e dall’incontro con Piero Simonetti, Presidente del Comitato maremmano per la tutela dei valori risorgimentali.
“In questo ultimo anno – ha detto Simonetti – il comitato ha lavorato molto nel triangolo tra Gavorrano, Scarlino e Massa Marittima, siamo andati nelle scuole elementari e medie, abbiamo parlato del Risorgimento e della figura di Giuseppe Bandi. Ma anche dei luoghi significativi della storia d’Italia come Palazzo Guelfi a Scarlino, dove pernottò Garibaldi, e da cui sono sparite tutte le suppellettili. Per questo – continua Piero Simonetti – abbiamo coinvolto i vari comitati, anche perché palazzo Guelfi deve essere fruibile a tutti”
Il libro del giornalista di Repubblica Massimo Novelli è stato presentato la prima volta a Torino, in apertura delle celebrazioni per il centocinquantenario dell’unità. Anche lì, come a Massa Marittima, ad introdurre l’argomento il giornalista del Corriere della Sera Dino Messina, che, oltre ad intervistare l’autore, ha fatto un approfondito preambolo sui precedenti festeggiamenti dell’anniversario dell’unità, nel 1911 e nel 1961.
“Nel 1911 – spiega Messina – l’Italia era a pezzi, divisa, nel 1961 invece ci si trovava di fronte ad una nazione ottimista e unita, in piena crescita economica. Il 2011 è invece l’anno della fine dell’Italia. Sembrava che queste celebrazioni – continua il giornalista – fossero un flop, un fallimento. Invece il flop è stato quello delle idee anti-unitarie: chi soffiava sulla frammentazione ha fallito. Questo libro è nato quasi per gioco, anche grazie ai contatti con Piero Simonetti. Il risorgimento che ci racconta Novelli – sottolinea Messina – si nutre di storie e letteratura. Parte con un omaggio a Bianciardi e a Bandi. Non è un libro scritto in cattedra, si parla di calzolai e panettieri, ma anche di borghesi e nobili, tutta l’umanità varia che costituiva i Mille: il Risorgimento è stato un moto nazionale. Novelli mette in forma di racconti proprio le storie di alcuni garibaldini: Tonina Novelli, che partì e combatté vestita da uomo, o il medico che portò con sé il figlio dodicenne.” O ancora il più giovane garibaldino, un ragazzo di 11 anni che si arruolò nell’esercito dell’Eroe dei due mondi.
I racconti partono sempre da un elemento nuovo, una scoperta, seppur piccola: una lapide dimenticata, un documento d’archivio, per poi raccontare gli uomini e le donne, visti magari da un’angolatura insolita o sotto una luce particolare.
“La Maremma è fortemente presente nel mio libro – afferma Novelli – sono ripartito dalla lettura di Bianciardi, che amava molto il Risorgimento e che scrisse anche un libro su Bandi. Tra i volontari delle guerre d’indipendenza c’è una presenza massiccia di grossetani, dimostrazione ne sono le molte lapidi presenti sul territorio. La trafila in Maremma per mettere in salvo Garibaldi poi è significativa: senza, forse, l’Italia non ci sarebbe stata, o certo non sarebbe stata così. Fu un Risorgimento democratico, dove la componente popolare fu molto importante, – continua l’autore – ma fu anche un Risorgimento dei vinti, una parte dei garibaldini, in seguito, si diede al brigantaggio proprio perché non furono mantenute le promesse fatte. Quella risorgimentale è stata l’unica grande epopea della storia italiana moderna, ma l’Italia che quegli uomini e quelle donne sognavano non si farà, per questo è una epopea di perdenti. Mazzini morirà a Pisa sotto falso nome, e il libro si chiude con il suicidio di Salgari, che non scrisse mai del risorgimento ma che identificò Giuseppe Garibaldi e Nino Bixio in due dei suoi personaggi più celebri, Sandokan e Yanez. Anche Salgari si sentiva un perdente, come gli uomini che parteciparono all’impresa dei Mille.”
Il libro si compone di trenta storie, a ogni capitolo si accompagna una nota bibliografica sulle fonti di ispirazione che lo hanno generato: storico archivistiche o più semplicemente letterarie.