GROSSETO – Legambiente ribadisce, a proposito della legge sul Rischio idraulico, che pur essendo necessaria una verifica per contestualizzare la norma tenendo conto delle caratteristiche e delle puculiarità delle aree agricole grossetane, questo deve essere fatto con una forte coerenza rispetto alla filosofia che sta alla base del provvedimento emanato dalla Regione Toscana, giusto e corretto.
“In pratica il problema non è determinato dalla realizzazione di staccionate, muretti e piccole opere, ma alla pericolosità – spiega Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente – di una pianificazione urbanistica che preveda la realizzazione di strutture edilizie in aree a forte rischio idraulico. Sappiamo come le alluvioni e le esondazioni hanno avuto esiti tragici e devastanti, proprio là dove si è privilegiato il cemento anche in aree che invece devono essere rispettate perchè nel corso di eventi eccezionali, purtroppo sempre più frequenti, possono divenire il fulcro di tragedie umane oltre che territoriali e ambientali. La migliore politica di prevenzione è quella legata alla manutenzione degli argini fluviali, ai programmi efficaci di Protezione civile, ai piani di bacino, ma soprattutto come c’insegnano le vere e proprie catastrofi verificatesi in Italia e in Toscana negli ultimi anni (Lunigiana, Massa, Serchio), non costruire nelle aree a forte rischio idraulico”.
Non vorremmo infatti che invece di applicare in Maremma il giusto obbligo di inedificabilità nella aree ad alto rischio idraulico, deciso dalla Regione Toscana, si dovessero declassare alcune zone cercando poi di difenderle con opere costose e spesso inefficaci oltre che inutili. Il modo migliore per fare tesoro dell’esperienza legata alla nostra preziosa terra strappata alle paludi e ai fiumi, ma anche alla tragica alluvione del ’66, è quello di ritrovare un rapporto con i corsi d’acqua basato sulla cura e sul rispetto e non sullo sfruttamento irrazionale legato a una logica di sviluppo contingente ma priva di futuro.