di Barbara Farnetani
GIUNCARICO – La miniera da luogo di lavoro a luogo di memoria. Così Vittorio Magrini, nel suo libro “Miniera e chimica”, ricostruisce il ruolo della miniera in Maremma, da un punto di vista economico e antropologico.
Magrini ricostruisce l’arrivo nella nostra terra delle grandi aziende minerarie e come questo ha cambiato il substrato sociale della popolazione locale “…l’inizio della coltivazione del sottosuolo comportò una crescita formidabile nell’opportunità di reddito e di impiego”.
Una cometa, una parabola tanto ripida quanto breve, come ricorda lo stesso Magrini.
In meno di ottanta anni, infatti, le miniere che tanto avevano influito e modificato lo stile di vita di uomini e donne, una alla volta chiusero, lasciando colline sventrate come ferite aperte, come bocche vuote, e mani inoperose, quelle dei minatori che avevano rinunciato all’agricoltura per scendere nel ventre umido e scuro della terra.
Nonostante ciò per gran parte del XIX secolo l’attività estrattiva ha portato in Maremma progresso e stabilità economica, oltre agli innegabili vantaggi della modernità, come la luce elettrica o l’acqua potabile nelle abitazioni.
Case che non appartenevano ai minatori ma alle società estrattrici e che in molti casi erano l’unico modo per affrancarsi dalle famiglie d’origine e creare così un nuovo nucleo (sopra la copertina del libro).
Vittorio Magrini, con un sapiente intreccio di documenti e storie personali, compenetra passato e presente, la memoria storica della miniera con un luogo che alla memoria e alla conoscenza è dedicato: il Parco nazionale tecnologico e archeologico delle colline metallifere, di cui racconta l’origine e riporta il Master plan.
Nei capitoli successivi Magrini analizza uno a uno i vari siti minerari della provincia, dedicando un capitolo anche alla Nuova Solmine, dalla privatizzazione alla produzione sino ai giorni nostri.
Una sezione, corredata da foto d’epoca, ricorda poi la tragedia di Ribolla.
Il libro si chiude poi con una serie di interviste a coloro che, per anni, hanno lavorato nelle miniere e ai familiari dei minatori morti nel 1954 a Ribolla.
Un libro dedicato alla memoria dunque, ma che non si chiude nel passato rifiutando il presente, bensì analizza attentamente cosa è rimasto di quel periodo difficile e allo stesso tempo glorioso, un periodo divenuto un vero e proprio spartiacque che ha segnato in maniera indelebile e definitiva quelle comunità che dalla miniera sono state toccate, arricchite, trasformate.
E in fondo forse il cambiamento più grande la miniera non lo ha apportato nel territorio, ma proprio nei paesi, nella gente, nella società, scavata, svuotata e riempita nuovamente di una coscienza differente, di nuove opportunità sociali ed economiche, di una stabilità un tempo impensabile, di una modernità, a volte forse imposta, ma che ha cambiato per sempre gli ormai ex borghi rurali della Maremma.
L’Autore – Vittorio Magrini è nato a Giuncarico. Da oltre 40 anni risiede a Firenze, dove ha compiuto gli studi universitari. Si è congedato con pensionamento dalla professione militare che lo ha portato a viaggiare molto. Con passione per la scrittura ha partecipato a numerosi concorsi letterari di poesie, ottenendo riscontri di pubblico e critica e ha già pubblicato per un’editrice milanese una raccolta di poesie.
In Libreria – “Miniera e chimica nella Maremma Grossetana per una memoria antropologica” – Editrice Innocenti (280 pagine) – 13 euro.