di Silvano Polvani e Maurizio Orlandi
Quarta Parte – La Banda musicale “ Giuseppe Verdi “ rappresentava nei primi anni Cinquanta una delle principali istituzioni del tempo libero di Gavorrano. Formatosi agli inizi del secolo, questo complesso filarmonico aveva conosciuto la sua massima notorietà negli anni Trenta. Esso era composto prevalentemente da lavoratori della miniera, i quali vedevano in questa attività un momento di evasione dalla loro dura realtà. Le vicende della banda di Gavorrano tuttavia, sono state profondamente condizionate dallo sviluppo della miniera: se da un lato infatti il complesso aveva raggiunto il suo pieno successo nel periodo in cui l’industria estrattiva aveva attraversato la sua fase di massima espansione, il definitivo scioglimento della banda sarà determinato dalla morte del suo direttore, causata da un incidente di lavoro in miniera nei primi anni Sessanta, quando ormai l’ industria mineraria locale si avviava verso un irreversibile ridimensionamento.
In paese era anche stata costituita, con sovvenzione della Montecatini ed in parte con il contributo di appassionati, una squadra di calcio che militava nella seconda categoria. Intorno ad essa si era venuto progressivamente a coagulare l’interesse e l’incitamento di tutta la popolazione compresa quella delle borgate e delle frazioni vicine. Il momento più significativo era rappresentato dalla partita domenicale contro le squadre della zona ed in particolare contro quelle delle altre miniere. Il ruolo che il calcio occupava nella società di quel periodo si può facilmente considerare in base allo spazio che la stampa locale riservava alla cronaca sportiva; persino nel corso della lotta dei cinque mesi, le notizie principali annunciavano gli avvenimenti calcistici della zona.
Oltre alle partite, al cinema e anche alle serate danzanti del sabato sera, i principali luoghi di incontro degli uomini del paese erano i bar e le osterie. Era consuetudine del minatore, ad esempio, fermarsi all’ osteria, al termine di ogni “ gita “, per una “ bevuta “ fra compagni di lavoro. Il vino, tradizionalmente diffuso anche per ragioni di equilibrio nutritivo, costituiva un indispensabile mezzo di evasione dalla realtà lavorativa, dalle paure e dalle tensioni accumulate in miniera; e questo anche se le periodiche “ sbornie “ contribuivano non poco ad assorbire in fretta le scarse entrate straordinarie di denaro. L’osteria, dove gli uomini si raccoglievano per organizzare partite a briscola, a scopa e a biliardo, offriva fra l’altro l’occasione di incontri e scambi collettivi di idee sulle proprie condizioni di vita e di lavoro. In definitiva, a Gavorrano, le forme di divertimento e di socialità spontanee bilanciavano con fatica l’insicurezza fisica e sociale derivante dal lavoro in miniera.
Fra i passatempi dei minatori, inoltre, la caccia e la coltivazione dell’orto costituivano sicuramente quelli più diffusi, in quanto davano la possibilità sia di trascorrere all’aria aperta gran parte del tempo libero, sia di integrare il salario con la selvaggina dei boschi e i frutti della terra. Una cura particolare era poi riservata, oltre che all’allevamento dei polli e dei conigli, a quello del maiale. Ogni famiglia infatti, era solita acquistare ogni anno un “ lattonzolo “ che veniva per mesi alimentato finchè questi non raggiungeva un peso considerevole; la lavorazione in vari modi della sua carne prelibata e di facile conservazione, permetteva così un’economia e sostanziosa fonte di sostentamento per tutto il nucleo familiare.