di Piero Simonetti
Gavorrano – Quest’anno ricorre il trentennale della chiusura della miniera di Gavorrano, che cessò ufficialmente la propria attività estrattiva nel 1981. Infatti, l’ultimo rapporto di produzione è quello del 30 giugno 1981, firmato dal caposervizio Domenico Barlettai.
Il filone piritifero venne scoperto nel 1898 dal garibaldino gavorranese Francesco Alberti, il quale era in stretta amicizia personale con il geologo massetano Bernardino Lotti.
L’Alberti venne coadiuvato nella scoperta da tre gavorranesi – Oreste Leporatti, Savino Rosselli e Giuseppe Simonetti (mio bisnonno paterno) – ossia, dai meno scettici di fronte alle sue ricerche minerarie.
Il primo rinvenimento del minerale avvenne presso Fonte Vecchia, a circa trecento metri dal paese.
Già nel 1834 erano stati tentati lavori di fusione del minerale affiorante alla Finoria, colle a 400 metri sopra l’abitato di Gavorrano che invece si colloca a 276 m sul livello del mare. Si trattava di Limonite superficiale, lavorata dalla ditta Succi in località Forni di Gavorrano. L’iniziativa industriale ebbe breve durata, sia per la scarsa quantità di zolfo presente nella Limonite che per la forte concorrenza delle Regie Fonderie di Follonica.
Il giacimento iniziale rinvenuto nel 1898 a quota +215, sì esaurì nel 1981 a quota meno 200 sotto il livello del mare. Un’escursione di oltre 400 metri, per una larghezza variabile del giacimento da 500 a 900 metri.
La prima società fu la ditta Guido Praga di Roma. Poi l’Unione Piriti ed infine la Montecatini dal 1910.
Intorno a Gavorrano nacquero – intorno agli anni trenta – altri pozzi di escavazione, quali Rigoloccio e Ravi Val Maggiore. Nel frattempo la società Marchi di Pescia aprì altra miniera a Ravi, gestendola direttamente dal 1910 al 1963, anno in cui passò anch’essa definitivamente alla Montecatini.
Negli oltre 80 anni di attività estrattiva, si calcolano circa 27-30 milioni di tonnellate di pirite estratte.
Con la realizzazione dello stabilimento del Casone, avvenuta nel 1962, la pirite venne trattata in loco e non più spedita altrove, determinando una crescita economica ed occupazionale per l’intero comprensorio. Lo stabilimento produceva circa 130.000 ton/a di Acido Solforico, 350.000 ton/a di pelletts per altoforni e 150 milioni/a di KWH di energia elettrica per uso aziendale interno ed in parte ceduta all’Enel.
La miniera ha comunque rappresentato una importante pagina di storia locale. Sarebbe riduttivo e addirittura impossibile, tentare di raccontarla qui in poche righe. L’immigrazione, gli infortuni, gli incidenti mortali, le malattie e la silicosi, il variegato contesto sociale, gli scioperi, lo sport, le attività ricreative, i lutti. Un’insieme di fatti ed avvenimenti che hanno fatto la storia del luogo. Una storia da non dimenticare mai, a qualunque costo.